«Le mie fotografie raccontano la storia di un luogo e delle persone che lo vivono, catturando un momento». Classe 1975, olandese, Iwan Baan non ama essere confinato nella definizione di fotografo d’architettura, proprio perché è in una dimensione di ampio respiro che trova il suo ambiente naturale. I suoi scatti documentano la crescita delle grandi megalopoli – come Pechino, Caracas e New York – e narrano la storia di edifici abitati dalle persone, concepiti come organismi vivi e dinamici, che fanno parte di un contesto più ampio. Tra gli architetti con cui ha collaborato, figurano nomi del calibro di Rem Koolhaas, Herzog & de Meuron, Kazuyo Sejima, Tatiana Bilbao e Zaha Hadid.
Il Vitra Design Museum di Weil am Rhein, in Germania, ospita la prima grande retrospettiva dedicata al lavoro di Iwan Baan, dal titolo Moments in Architecture. Curata da Mea Hoffmann, la mostra è stata inaugurata questo autunno ed è visitabile fino al 3 marzo 2024. Il percorso espositivo, allestito in forma multimediale, coinvolge i visitatori in un viaggio attraverso i reportage e i servizi più iconici realizzati dal fotografo negli ultimi 20 anni, illustrando la sua idea di fotografia come di uno strumento privilegiato per esplorare e raccontare la realtà che ci circonda.
Il titolo della mostra, Moments in Architecture, rivela il suo interesse nel catturare il momento. Quanto è importante il contributo che può dare la fotografia nella comprensione di un’opera di architettura?
Io ho iniziato realizzando reportage, nei quali si raccontano un determinato posto e le persone che lo vivono in un determinato momento. Quando mi sono approcciato all’architettura, ho constatato che in questo ambito si tende sempre molto a focalizzarsi sull’opera, astraendola dal suo contesto. Penso invece che sia importante inquadrare un edificio all’interno delle condizioni spazio-temporali in cui si trova, raccontarne la storia e il modo in cui le persone si relazionano con i suoi spazi. È interessante vedere quello che succede intorno e dentro a un’architettura nel quotidiano, al di là di un evento speciale come può essere l’inaugurazione, oppure vedere come si presenta in maniera diversa in una giornata di sole e in una di pioggia.
Nel suo lavoro, come si combina questa narrazione dell’opera con gli aspetti più prettamente tecnici?
In un alternarsi di immagini d’insieme, con foto aeree scattate dall'elicottero, e focus su elementi di dettaglio, anche molto personali, per inquadrare cosa fanno le persone in quel luogo. Esploro diverse angolazioni, con momenti dedicati alle persone e alla loro esperienza diretta dello spazio. Per me questa è una maniera naturale di raccontare un luogo, al contrario di quello che spesso succede: mentre i rendering sono pieni di figure umane e i modelli in scala sono inseriti in un impianto urbanistico, di solito nelle fotografie d'architettura l’edificio viene rappresentato come a sé stante. Quando arrivo in un posto che conosco a malapena, faccio un passo indietro per comprenderlo in una visione più ampia. La mia fotografia è alimentata da una curiosità senza fine per il mondo intorno a noi.
Quando e come è nata la sua passione per la fotografia? E per l’architettura?
Ho preso in mano la macchina fotografica per la prima volta a dodici anni, quando mia nonna mi regalò una Agfa Clack per il compleanno, e me ne sono subito innamorato. Ho studiato Fotografia alla Royal Academy of Art di The Hague; in seguito, ho lavorato per diversi anni realizzando reportage. Il mio incontro con l’architettura è avvenuto alla fine del 2004, quasi per caso, quando ho conosciuto Rem Koohlaas, il quale mi ha chiesto di fotografare diverse sue opere che stava ultimando in quel periodo: la Public Library a Seattle, l'IIT Student Center a Chicago, la Casa della Musica a Porto e l'Ambasciata d'Olanda a Berlino. Da un giorno all’altro, mi sono ritrovato a essere circondato da architetti e per me è stata una sorta di epifania: ho realizzato improvvisamente che nel settore dell’architettura convergevano i miei interessi per le persone, il luogo e gli spazi nella loro unicità.
È così che si arriva ai due progetti in Cina, illustrati nella prima sezione della mostra.
Nel 2005, iniziavano i lavori per costruire grattacielo destinato a ospitare gli headquarter di CCTV (China Central Television), progettato dallo studio OMA e in particolare da Rem Koolhaas, Ole Scheeren (partner dello studio fino al 2010), e David Gianotten, in collaborazione con i partner Shohei Shigematsu, Ellen van Loon e Victor van der Chijs. Gli proposi di documentare non solo il risultato finale, ma tutto il processo di realizzazione dell’opera, dalle fondamenta alla copertura, dalla struttura al rivestimento, raccontando anche la vita del cantiere e la velocissima trasformazione in cui era coinvolta la città di Pechino. In quegli stessi anni, ho iniziato a documentare anche la costruzione dello Stadio Olimpico di Herzog & de Meuron, sempre a Pechino. In quell’epoca, la capitale cinese era interessata da una rapida modernizzazione su larga scala, tesa a dare un impulso all’ascesa del Paese: un momento e un contesto di grande interesse dal mio punto di vista.
Moments in Architecture è la sua prima retrospettiva, una sorta di milestone nel suo percorso professionale. Quali sono i suoi progetti futuri?
C’è sempre tanto da fare all’orizzonte. Ad esempio, verrà pubblicato un libro sulla mostra che si è tenuta l’anno scorso a Roma, dal titolo From Las Vegas to Rome, che esplorava le relazioni tra le due città nel 50esimo anniversario dell’uscita del libro Learning from Las Vegas di Denise Scott Brown, Robert Venturi e Steven Izenour. Inoltre, insieme a Francis Kéré, stiamo lavorando a un progetto dedicato alla tradizione vernacolare nel continente africano. Continuerò anche a girare il mondo: esistono posti veramente molto diversi tra loro ed è proprio questo ad affascinarmi. Provo a documentarli tutti con la stessa intensità.
Iwan Baan: Moments in Architecture
Location: VITRA Design Museum, Weil am Rhein, Germany
Dates: 21 October, 2023 – 3 March, 2024
Concept: Mea Hoffmann, Iwan Baan
Curator: Mea Hoffmann
Exhibition and Graphic Design: René Herzogenrath, Judith Brugger, Stefani Fricker, Erika Müller
Photography by Iwan Baan, courtesy of the author