Quella della ricostruzione post sisma dell’Emilia-Romagna può forse essere considerata una delle esperienze di maggior importanza in tutto il continente degli ultimi anni, seconda probabilmente solo a quella di Notre Dame de Paris: a renderla tale, l’eterogeneità delle epoche di costruzione degli edifici danneggiati dalle scosse di terremoto del maggio 2012, degli interventi pregressi su quegli stessi beni architettonici da tenere in considerazione, delle tipologie (chiese, campanili, abitazioni), delle dimensioni e della gravità del danno. È questa, in sintesi, l’introduzione di Antonio Libro della Regione Emilia-Romagna all’incontro “La ricostruzione dei beni culturali. Diffondere e comunicare le buone pratiche sul restauro del patrimonio danneggiato dal sisma”, appuntamento clou della seconda giornata del Salone internazionale del Restauro di Ferrara in programma dal 10 al 12 maggio che, oltre a ripercorrere alcuni degli interventi più significativi messi in campo tra Cento, Mirandola, Modena e gli altri territori fortemente colpiti, si è posto l’obiettivo di svincolare il concetto di restauro dai soli monumenti e dalle sole opere d’arte. Ogni giorno potrebbe potenzialmente entrare un nuovo edificio nella lista dei possibili restauri architettonici, per i quali è fondamentale conoscere il patrimonio di partenza per non stravolgerne completamente l’identità: la comunità, in fin dei conti, deve poter continuare a riconoscersi nella propria architettura e nel proprio tessuto urbano, talvolta dalle radici storiche.
La conferenza, dunque, è stata anche l’occasione per ricordare come l’agenzia per la ricostruzione del sisma, in concomitanza con il decennale, abbia deciso di intraprendere un percorso di divulgazione, di carattere scientifico, incardinato sulle esperienze che hanno permesso il raggiungimento di diversi esempi di successo nell’ambito della ricostruzione e conseguente restauro dei beni storici e monumentali. In collaborazione con Assorestauro, infatti, è stato realizzato un ciclo formativo, composto da tre diversi appuntamenti che, mediante l’esposizione di alcuni casi emblematici di ricostruzione raccontati dalle istituzioni, dai progettisti e dalle ditte esecutrici degli interventi, prova a trasferire il know-how, i problemi che ci si è trovati ad affrontare e le soluzioni poste in essere al fine di raggiungere l’obbiettivo di recupero e di restauro dei beni storici secondo l’equilibrio tra tutela e sicurezza.
Uno dei tanti casi emblematici della ricostruzione post sisma in Emilia-Romagna, come raccontato nel corso della conferenza ma anche raccolto all’interno di una pubblicazione curata da Recupero e Conservazione, è quello del campanile di Reno Centese, nel 2012 già ingabbiato in un ponteggio per lavori di restauro delle facciate. Immediata la sospensione delle funzioni religiose e di tutte le altre attività: i gravi danni hanno reso la struttura inagibile. La costruzione del campanile, distaccato leggermente rispetto alla chiesa, risale al 1882, arrivando a un’altezza massima della guglia di circa 24 metri.
Dopo le prime fasi di salvataggio, dunque, si è guardato al progetto di consolidamento, basato sul principio di ricollocazione della parte sommitale sulla verticale preesistente i danni, previo scuci-cuci di parte del campanile nella zona della frattura. Sono state analizzate varie tecnologie per il sollevamento in sicurezza del tronco superiore ed è stata scelta la strada del castello di carico e di spostamento con martinetti idraulici. Tale scelta è risultata essere quella più sicura in termini di tempi di movimentazione e di garanzia rispetto al pericolo di crollo, sia degli operatori sia della popolazione e dei beni immobili presenti nelle vicinanze. Gli spostamenti effettuati per il ripristino della verticalità sono stati di 150 mm in una direzione e di 80 mm nella direzione ortogonale. Il “taglio” è stato realizzato a una altezza di circa 8 m, mentre i 5 m sottostanti il taglio sono stati smontati e ricostruiti, con una fase transitoria che ha effettivamente trasformato il fusto originale nel “campanile volante” che è stato traslato. Al termine della rototraslazione (movimento coordinato di rotazione e traslazione del campanile) si è ricostruita la muratura del fusto nella zona lesionata e si è proceduto alla fase di trasferimento del carico dal castello alle murature sottostanti, riappoggiando il campanile nella sua sede originale.
Punto di riferimento internazionale nell’ambito dei beni culturali e luogo d’incontro per aziende, istituzioni e mondo della ricerca, il Salone ha raggiunto quest’anno la sua 28esima edizione: grazie anche alla collaborazione del Ministero degli Affari esteri e la Cooperazione internazionale e dell’Agenzia Ice, presenti quest’anno anche oltre 50 delegati di otto Paesi (Arabia Saudita, Giordania, Iran, Iraq, Israele, Kosovo, Libano e Turchia). Tra i temi portanti di questo 2023, che tra le novità ha anche la prima partecipazione del Consiglio nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, la digitalizzazione dei beni culturali, la sicurezza sismica appunto, la transizione ecologica, ma un capitolo dedicato anche per il progetto di restauro di Palazzo dei Diamanti di Ferrara firmato da Labics. Nel 2017 il Comune di Ferrara ha infatti avviato un apposito bando dedicato a questo capolavoro del Rinascimento italiano, progettato da Biagio Rossetti nel 1492 e fulcro della cosiddetta Addizione Erculea.
Il punto di partenza dei progettisti nel concepire il nuovo assetto di un edificio dall’elevatissimo valore storico è stato una riscrittura museografica che esaltasse la configurazione del palazzo, ma anche che portasse a una miglior consequenzialità e circolarità tra le stanze: in questo senso, alcuni degli interventi più significativi possono essere facilmente individuabili nel collegamento tra le due ali del palazzo (l’ala Rossetti e quella Tisi) e nella realizzazione di una lunga passerella lignea esterna. L’unità complessiva interna è ciò su cui si è voluto in primis intervenire, la cui mancanza ha portato nel tempo a una differenziazione delle funzioni: il piano nobile, che comprende il salone d’onore e l’appartamento cinquecentesco di Virginia de’ Medici, ospita la Pinacoteca Nazionale di Ferrara, mentre il piano terra dal 1991 viene utilizzato come sede per esposizioni temporaneedalla Fondazione Ferrara Arte. Tutti gli interventi sono dunque da leggersi come un complesso organico di azioni mirate sia alla conservazione dell’edificio storico, della sua spazialità, della sua qualità intrinseca, sia all’adeguamento dei suoi ambienti alle esigenze di un moderno spazio espositivo.
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