Buone Nuove, sì, perché sono buone notizie le donne in architettura. Dalle pioniere di inizio Novecento, come la prima donna laureata in architettura, Signe Hornborg, alle archistar della contemporaneità, passando per i collettivi multidisciplinari e i grandi studi internazionali guidati da progettiste: è un viaggio che ripercorre e documenta la presenza femminile nell’architettura quello della mostra allestita al Maxxi di Roma, Buone Nuove. Donne in architettura, il quale si pone l’obiettivo di indagare le nuove forze apportate al settore, in particolare da parte degli studi diretti e co-diretti da donne.
La mostra è curata da Elena Motisi, Elena Tinacci e Pippo Ciorra, con un allestimento al femminile progettato da Matilde Cassani. Il suo obiettivo è quello di raccontare l’evoluzione di un mestiere nel corso di un secolo, ripercorrendo le vite e le esperienze di tante delle protagoniste che hanno intrecciato i rispettivi lavori nel corso di cent’anni e più. Tra queste, oltre alla già citata Signe Hornborg, anche Norma Merrick Sklarek, la prima donna di origini afro-americane ad aver avuto accesso alla professione nel 1954; Ada Louise Huxtable, ideatrice della critica d’architettura con una sua rubrica sul New York Times e vincitrice del Premio Pulitzer; o ancora, Maria Teresa Parpagliolo, paesaggista della metà del secolo scorso, fino ad arrivare a Zaha Hadid, prima architetta a ricevere nel 2004 il Pritzker Prize.
Tuttavia l’obiettivo è anche quello di ragionare sul superamento di uno stereotipo come quello della necessità della presenza di un maestro all’interno dello studio, a favore di una presenza femminile maggiormente riconosciuta. Una mutazione, dunque, per così dire antropologica a parere dei curatori, la quale è andata, e ancora va, di pari passo con i cambiamenti della società e del ruolo stesso dell’architettura, della progettazione e del design. Tutti questi settori, infatti, non possono sottrarsi al confronto con le nuove ed epocali sfide, da quelle sociali a quelle ambientali, fino a quelle tecnologiche e attinenti al contrasto alla discriminazione.
Dall’importanza attribuita, da parte dei curatori, al racconto stesso di tali metamorfosi deriva anche l'importanza della mostra stessa. A tal proposito, sono tre i temi che a loro avviso non possono non essere sottolineati fin dal principio:
«Il primo è il crescente processo di liberazione del mondo professionale dell’architettura da pregiudizi e abitudini che spesso hanno frenato l’affermazione delle donne e di altri soggetti “non-standard” (collettivi, coppie, formazioni aperte) – hanno spiegato i curatori –. Il secondo riguarda l’impressione che l’allargamento della platea professionale nel senso della gender equality contribuisca positivamente alla capacità dell’architettura di rispondere alle urgenze del presente, soprattutto in termini di sensibilità ecologica, inclusione, sostenibilità sociale. L’ultimo punto, infine, vede l’Italia, dove vi sono molte donne tra le migliori progettisti emergenti (o emerse), come un esempio avanzato di questa trasformazione».
Ma Buone Nuove è anche una mostra frutto di un profondo lavoro di ricerca che, pertanto, si inserisce alla perfezione nel Dna del Museo nazionale delle arti del XXI secolo.
La mostra Buone Nuove. Donne in architettura è articolata in quattro diverse aree tematiche, ovvero Storie, Pratiche, Narrazioni e Visioni, alle quali si aggiunge un’installazione site specific firmata da Frida Escobedo, intitolata Unseen.
La prima sezione, come suggerito dal nome stesso, ripercorre le vicende di 85 tra architette, progettiste e studiose, accomunate dalla capacità di aver segnato la crescita della professione. La seconda è un excursus internazionale nelle diverse pratiche di interpretazione dell’architettura da parte di undici donne. Ciascuna si presenta con un video, un prototipo, un modello, una fotografia, trattando in questo modo i temi della sostenibilità ambientale, della dimensione sociale, del rapporto tra tradizione e innovazione. Narrazioni è invece la sezione giocata sulle voci, sulle interviste di protagoniste del mondo accademico e della ricerca, mentre Visioni è una forma di riflessione sul rapporto tra identità di genere e spazio, raccontata attraverso cinque video prodotti nell’ambito del programma Future Architecture Platform.
La mostra è visitabile al Museo nazionale delle arti del XXI secolo fino all’11 settembre 2022, dal lunedì al venerdì dalle 11 alle 19, il sabato e la domenica dalle 10 alle 19.
In calendario sono previsti vari dibattiti e incontri, come quello con margherita Guccione dal titolo Da Lina Bo Bardi a Zaha Hadid, ma è possibile anche organizzare attività educative.
Location: Maxxi, Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma
Curators: Elena Motisi, Elena Tinacci e Pippo Ciorra
Date: 16 dicembre 2021-11 settembre 2022
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