Laddove il problema tecnico è superato, incomincia l’Architettura” (L. Mies Van der Rohe).
Un contesto agricolo da una parte ed una vasta area d’espansione residenziale dall’altra, hanno suggerito un’architettura imponente, ben integrata nel paesaggio rispetto ai modelli architettonici locali. Il volume del modello preso come riferimento è l’archetipo dell’architettura Alsaziana che, ripetuta in più moduli, permette di ottenere una volumetria variabile e più adatta ad un edificio d’uso pubblico piuttosto che privato.
Il principio della suddivisione per fasi del progetto, è stato il primo ostacolo da risolvere durante la fase preliminare del progetto, con lo scopo di poter raggiungere il miglior compromesso tra l’interazione delle varie funzioni e dei differenti flussi, mantenendo particolare attenzione per l’aspetto economico. Proprio da questo iniziale vincolo, è nata l’idea di raggruppare in un unico edificio tutta la prima fase, conservando però una logica distributiva utilizzabile anche nella seconda fase, data la primaria volontà, di permettere una totale integrazione delle future attività previste in quest’ultima. L'edificio progettato nella seconda fase permetterà di creare una corte aperta, che incanalerà tutti i flussi, riprendendo i principi primari degli edifici a carattere agricolo ricorrenti nella zona.
Il segno più forte è quindi la copertura che riunisce sotto un solo elemento architettonico tutte le funzioni, scandite in facciata grazie alla successione delle diverse campate. Le caratteristiche del sito hanno spinto a progettare un unico edificio, concentrando tutte le funzioni della prima fase, ottenendo una molteplicità di benefici. In primo luogo, la compressione del volume e la sua compattezza, garantiscono un vero risparmio sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista cantieristico che per ciò che concerne la sostenibilità ambientale, riducendo inoltre notevolmente le spese di gestione e manutenzione.
Come aspetto secondario, si riesce a donare un'immagine globale coerente con il paesaggio circostante, permettendo all’architettura del manufatto, di assumere un forte valore simbolico, identificabile anche alla scala urbana divenendo un vero landmark nel paesaggio futuro.
Il posizionamento longitudinale del manufatto, permette inoltre una pluralità di vantaggi, in primo luogo diventando filtro tra il tessuto residenziale a nord e il terreno agricolo a sud, ed in secondo luogo ponendosi in continuità con la direzionalità presente, senza frammentarla. L’idea alla base del posizionamento, ha suggerito un trattamento diverso per le due facciate, permettendo di avere una forte attenzione nei confronti dell'esposizione solare, del controllo della luce e della ventilazione naturale. La facciata sud è compatta e si impone, soprattutto grazie all'integrazione di elementi tecnici, come le porte sezionali e la copertura sporgente, creando un rapporto che, potrebbe inizialmente sembrare ermetico, ma al contrario, è molto più dinamico, donando espressività alla facciata ed enfatizzando il legame con il paesaggio. Durante il periodo estivo, essendo a sud, il rivestimento composto da lastre di lamiera piena blu-grigia presso-piegata e microforata opportunamente, permette di schermare l’edificio dai raggi solari diretti e, al contrario, nelle ore pomeridiane, permette alla luce di filtrare, facendo risaltare il movimento delle persone che lavorano al proprio interno. Nel periodo invernale, quest'orientamento permette invece di assorbire l’energia solare. La grande tettoia diventa l’elemento unificatore dell’intero progetto, regolamentando e proteggendo tutti i flussi dei lavoratori all’esterno dell’edificio, trasformando il volume in un vero e proprio segno architettonico di riferimento per l’intera città di Rixheim. La facciata nord invece, grazie alla presenza di un materiale traslucido come il policarbonato, permette di ricevere costantemente luce indiretta, perfetta per l'ambiente lavorativo; materiale con un rendimento termico e acustico molto elevato ma con un effetto estetico semplice e domestico per chi lo osserva. Grazie al policarbonato, la facciata nord, diviene quindi un elemento di mediazione tra le funzioni interne e le preesistenze del contesto. La scelta del materiale traslucido permette all’edificio di sfruttare, ogni giorno, la luce naturale per i locali all’interno, trasformandosi però durante la sera, in una sorta di lanterna magica, enfatizzando la presenza del centro tecnico municipale.
In questo modo ci si slega dall'usuale idea degli edifici industriali e si riesce a creare una nuova immagine adeguata ad un’architettura contemporanea e attenta al futuro.
Matteo Facchinelli, architetto e designer, nasce a Brescia nel marzo 1977. Durante gli studi al Politecnico di Milano nella Facoltà di Architettura, nel 1999 vince la borsa di studio per il progetto Erasmus a Bruxelles potendo frequentare il terzo anno universitario all’Istituto Victor Horta con il prof. Arch. Dominique Perrault. Si laurea a Milano nel 2003 con una tesi incentrata sull’infrastruttura aeroportuale. Per tre anni, dal 2003 al 2006, vive e lavora a Parigi presso studi di fama internazionale, come lo studio di Massimiliano Fuksas e quello di Francis Soler, dedicandosi a numerosi concorsi e progetti. Attraverso questa esperienza formativa ha acquisito un’attitudine alla gestione di progetti importanti e complessi, che gli permette oggi la possibilità di coordinare e di gestire gruppi di lavoro per qualsiasi intervento architettonico a differenti scale.