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Bokšto Skveras, un viaggio nel tempo

Un complesso a uso misto che valorizza in ottica contemporanea la preesistenza

Studio Seilern Architects

Bokšto Skveras, un viaggio nel tempo
Scritto da Redazione The Plan -

Una storia ricchissima legata alla sua antichità, un’area riconosciuta patrimonio Unesco, edifici dai tratti gotici e barocchi: è a partire da queste caratteristiche, intrecciate l’un l’altra, che il progetto per Bokšto Skveras, firmato da Studio Seilern Architects, ha preso forma nel segno del restauro e della conservazione, senza tuttavia rinunciare alla contemporaneità e a un tocco di innovazione a favore della comunità d’oggi. A partire da un complesso di sei edifici, circondati da giardini e aree verdi, i nuovi interventi sono dunque stati concepiti in modo ponderato e rispettoso della preesistenza, entrando con essa in un rapporto equilibrato e armonioso. Con tale sensibilità sono stati scelti anche i materiali e le tecnologie, così da ottenere un complesso a uso misto (di 13.265 m2), articolato in alloggi ed edifici residenziali, bar e ristoranti, luoghi votati all’arte in grado di riflettere il passato più che imitarlo. A raccontare l’evoluzione e lo sviluppo del concept e del progetto è stata Christina Seilern, principal architect dello studio fondato nel 2006 a Londra.

Bokšto Skveras, Studio Seilern Architects ©Roland Halbe, courtesy of Studio Seilern Architects

Architetto Seilern, in che modo il passato e la storia del luogo sono mantenuti in vita in questo progetto?
«Fin dall’inizio siamo rimasti affascinati dalla storia del luogo. Man mano che il portato storico è venuto alla luce è stata sempre più chiara l’importanza della sua conservazione e, proprio a partire da tale evidenza, si è cominciato a valutare quali elementi architettonici originali preservare e restaurare e, allo stesso tempo, quali aggiunte delle epoche successive invece eliminare. Lo stesso insieme di strutture storiche, inoltre, è andato a rappresentare la ricca base di partenza sulla quale prevedere aggiunte di carattere contemporaneo, caratterizzate da essenzialità e funzionalità. Le facciate a specchio che rivestono uno dei nuovi inserimenti e la copertura in acciaio lucido riflettente del ristorante ricavato e incassato in una corte centrale possono essere considerati alla stregua di mediatori, capaci di omaggiare il contesto storico nel presente. Questi elementi, in altre parole, hanno la funzione di fondere visivamente tra loro, senza soluzione di continuità e in un unico insieme collettivo, ciò che è stato conservato, restaurato e inserito di recente. Anche i nuovi servizi elettrici e idraulici sono stati inseriti in modo delicato nel tessuto architettonico originale, senza intervenire in modo massiccio sulla struttura e lasciandola così quasi intatta: un approccio, questo, chiamato box-in-box».

Quali sono a suo avviso le caratteristiche peculiari di questo progetto?
«Il progetto, decisamente ambizioso, è stato un lavoro di amore e di passione, tanto per il developer quanto per noi dello studio. Il progetto, nato da un’idea sviluppata circa vent’anni fa, può essere definito come un lungo viaggio di decenni, che è passato attraverso l’ideazione del concept, la pianificazione, lo sviluppo del design, il restauro, la costruzione e, infine, il completamento. Alcune difficoltà incontrate in questi anni sono state dettate dal contesto nel quale ci siamo trovati a lavorare: la Lituania, che ha ottenuto l’indipendenza negli anni Novanta, ha una recente storia dal punto di vista politico, burocratico ed economico; di conseguenza anche i piani regolatori sono risultati piuttosto incerti, come incerta è stata l’individuazione dei fornitori. Per tutte queste ragioni i tempi sono stati lunghi, ma necessari nella definizione corretta delle norme di pianificazione, dei materiali e dei fornitori. Un viaggio comunque positivo, contraddistinto dalla passione e dall’amore del developer per il proprio Paese d’origine, tanto da voler restituire alla comunità e alla nazione intera un importante patrimonio storico e architettonico».

Bokšto Skveras, Studio Seilern Architects ©Norbert Tukai, courtesy of Studio Seilern Architects

Per questo progetto multifunzionale, diverse sono state le fonti di ispirazione fin dal concept: quali sono le principali e come si sono riflesse nella realizzazione del complesso stesso?
«Sì, numerose sono le fonti di ispirazione: tra le tante spiccano sicuramente l’Alhambra di Granada, il castello moresco con le sue mura e con i suoi giardini, la reinterpretazione del Neues Museum di Berlino firmato da David Chipperfield e il rinnovo del Fondaco dei Tedeschi di Venezia dello studio OMA. Questi precedenti sono stati fonte di ispirazione per la loro sensibilità condivisa nei confronti della materialità e delle strutture storiche, ma anche per la loro capacità di fusione funzionale tra antico e contemporaneo. Traendo spunto da essi, abbiamo utilizzato l’acciaio inossidabile per il rivestimento dell’ascensore esterno, tanto da renderlo un elemento scultoreo capace di riflettere su se stesso il contesto circostante. Analogo l’approccio al tetto riflettente del ristorante, la cui superficie ricorda quella dell’acqua dell’Alhambra. Anziché oscurare o nascondere i componenti storici, dunque, questi nuovi inserimenti vanno a completare e a celebrare l’architettura originale».

Il verde e gli spazi all’aria aperta hanno un ruolo fondamentale nel progetto: come sono stati studiati e come entrano in relazione con l’architettura?
«Il complesso storico è stato sede del palazzo del vescovo Goniewski, costituito da sei edifici racchiusi in una serie di giardini e di corti irregolari. Per questo, fin dall’inizio, architettura e paesaggio sono stati concepiti come un insieme unitario, dove l’una non poteva esistere senza l’altro. In quanto sito patrimonio dell’Unesco, gli spazi all’aperto hanno costituito dunque quelli dove poter costruire. Tali nuove aggiunte, attente e ponderate rispetto al contesto, hanno così agito come mediatori, capaci da una parte di riflettere il e dall’altra di scomparire nel paesaggio. Ma anche il rapporto opposto è viceversa valido. In altre parole, l’importanza e l’armonia del sito risiedono tanto negli edifici fisici quanto nel paesaggio naturale e, in particolare, nel loro equilibrio e bilanciamento».

Bokšto Skveras, Studio Seilern Architects ©Roland Halbe, courtesy of Studio Seilern Architects

La scelta dei materiali e delle tecnologie segue una precisa filosofia di sostenibilità: ce ne può parlare?
«Questa è stata una sfida importante, che ha richiesto notevoli sforzi per arrivare all’applicazione di soluzioni passive e per migliorare le prestazioni energetiche degli edifici: la strategia utilizzata, infatti, non è stata di tipo interventista, così da incidere il meno possibile sul tessuto storico. La selezione e l’utilizzo di materiali isolanti termicamente, per esempio, hanno rappresentato momenti di un processo delicato. In ogni caso siamo riusciti a migliorare l’isolamento termico della struttura, abbiamo implementato l’uso dei vetri a controllo solare e siamo riusciti a ridurre la quantità di acqua ed energia consumata complessivamente. Il risvolto positivo è stato anche quello di aver dato un contributo nella definizione di standard di progettazione rigorosi e conformi agli obiettivi locali e nazionali di sostenibilità ambientale, i quali potranno essere ripresi come esempio».

Quali sono state le maggiori sfide incontrate nel portare a termine il progetto?
«Uno degli interventi architettonici più radicali e complessi di tutto il sito è stato quello legato alla reinvenzione dei tetti. Questo non ha rappresentato solo una sfida tecnica di progettazione, ma ha anche richiesto profonde e significative discussioni con gli urbanisti locali. Fin da subito si è capito come l’obiettivo dovesse essere quello di una sostituzione dei tetti esistenti danneggiati con una struttura che comprendesse tegole in argilla e una serie di lucernari, così da rendere vivibile anche la parte del sottotetto. Ma questa iniziale opzione si è rivelata essere una violazione dei principi cardine del restauro. Facendo riferimento alle carte Unesco si è giunti a un progetto alternativo. Ne è scaturito un design innovativo in doghe verticali in acciaio, che lascia intravedere le parti vetrate sottostanti. Le lamelle sono coperte da una copertura in rame ossidato verniciato e tagliate al laser in punti strategici per far entrare la luce nello spazio interno. Si tratta di una soluzione efficace e contemporanea, che dà la possibilità di vivere nella parte del sottotetto con molta luminosità naturale e, allo stesso tempo, che permette di mantenere la forma originale e le caratteristiche gotiche dell’architettura storica».

>>> Leggi anche l'editoriale di Dorte Mandrup pubblicato su THE PLAN 144 dedicato all'equilibrio tra natura e cultura

 

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Credits

Location: Vilnius, Lithuania
Architects: Studio Seilern Architects
Client: UAB OGVY
Completion: 2022
Gross Floor Area: 13.265 m2
Design team: Archinova
Main Contractor: PST

Consultants
Structures: Elvora LT
Building Services: NIT Projektai
Project management: Contestus

Photography by Roland Halbe or Norbert Tukai, courtesy of Studio Seilern Architects

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