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Parola d’ordine: ‘hospitality’... ma a che costo? Quali sono le prospettive future del settore? In che modo valorizzare le piccole realtà, senza chiudere le porte ai grandi colossi internazionali? Per rispondere a queste domande, la panel discussion svoltasi martedì 6 maggio a Venezia, nell'ambito del forum Perspective 2025, ha affrontato il tema da diversi punti di vista, coinvolgendo varie realtà italiane attive nel settore.
Hanno partecipato al confronto CampusX con Alessandra Reda, Colliers con Monica Pedrini, Investire SGR con Federico Velluti, Marina Development Corporation con Anselmo De Titta, Starhotels S.p.A. con Fabrizio Gaggio, e UNA Italian Hospitality con Andrea Mattaini e Daniele Mereu, con la moderazione a cura di Giovanni Franceschelli, Rizoma Architetture.
Gio Ponti definisce l’hospitality come una nuova forma di abitare. L’ospite è quindi un abitatore, un attore attivo alla ricerca di una forma di hospitality più aperta alla città e più inclusiva, in un’ottica che va oltre a quella di fruitore. Oggi, l’idea di hospitality si è evoluta per rispondere alle nuove esigenze e necessità, assumendo forme ibride che spaziano dagli ostelli ai bed & breakfast, adattandosi a contesti diversi.
Durante la tavola rotonda sono state evidenziate diverse criticità che l’hospitality affronta nell’attuale panorama, tra cui il fenomeno dell’over tourism, la stagionalità e la riqualificazione di edifici in declino o abbandonati. Un tema centrale è stato il rapporto tra città e hospitality: una riflessione su come i cittadini si rapportano a questa presenza, sottolineando l’importanza di un’ospitalità che si integri nel tessuto sociale locale. È fondamentale che i progetti di hospitality siano parte integrante della città, rispettandone gli aspetti identitari e contribuendo a creare una sinergia tra residenti e visitatori.
L’hospitality, intesa come accoglienza, deve essere percepita come un concetto di diversità, poiché ogni operatore la interpreta e la vive in modo differente: alcuni valorizzano piccole strutture, altri adottano approcci diversi in base alle proprie aspettative. Ogni turista inoltre ha esigenze uniche, che richiedono un’offerta su misura per lui.
Un cambio di paradigma porta oggi l’hospitality ad adattarsi alle caratteristiche del luogo: è l’operatore che, creando esperienze personalizzate, definisce la destinazione stessa. In questo modello, non si tratta più di cercare la destinazione desiderata dai turisti, ma di crearla, modulando flussi e attrattività per rendere una località appetibile tutto l’anno. La soluzione può essere rappresentata da quartieri destinazione, capaci di mantenere vita e attrattività anche nei periodi meno turistici, e da territori ricettivi capaci di integrare un ecosistema attorno all’hospitality e ai visitatori.
In conclusione, appare quindi necessario ricucire il rapporto tra ospitalità e città, creando un legame più forte tra gli ospiti e chi li accoglie, come una sorta di puzzle favorendo una convivenza armoniosa e sostenibile.
>>> Scopri la conferenza inaugurale di Perspective EU 2025 a cura di Marion Weiss e Michael Manfredi
